I benefici della scomodità

Di recente ho letto un interessante articolo di Brendan Leonard, in cui si riflette in modo inverso al senso comune su stress e scomodità: in fondo perchè li evitiamo? Ne vale davvero la pena? Ci fa bene evitarli? Chi fa sport, chi fa outdoor, imprese, o semplici cammini a piedi come potrebbe essere quello di Santiago o il PCT- Pacific Crest Trail – si mette in condizioni di estrema scomodità, ma chi sta in una comoda poltrona con aria condizionata sta effettivamente meglio di chi sta scalando una montagna, dormendo in una tenda, graffiandosi tra gli arbusti di un trekking? Ecco la traduzione integrale.Simone Puddu 1

Alcuni anni fa, la psicologa e autrice Kelly McGonial diede un TED Talk –programma televisivo ndt – sul tema “Come farti amico lo stress”, che è stato già visto sei milioni di volte. Per parafrasare, McGonigal disse questo: lo stress può ucciderti, ma solo se credi che lo stress sia dannoso per la tua salute. Se non credi che sia un male per te, lo stress non ti ucciderà. Che è abbastanza rivoluzionario, ma non era la parte che io trascrissi freneticamente quando lo stavo ascoltando anni fa, che riavvolsi e riascoltai ancora per essere sicuro di aver capito bene. Dopo il discorso, l’intervistatore chiese a McGonigal: Come si applica questo a persone che, per esempio, stanno scegliendo tra un lavoro stressante e uno non stressante? Lei rispose: “Una cosa che sappiamo con certezza è che ricercare un senso è meglio per la tua salute che cercare di evitare la scomodità. Quindi direi che questo è davvero il modo migliore per prendere una decisione, è l’andare oltre quello che dà significato alla tua vita e quindi fidarti di te stesso e gestire lo stress che segue”. Nel secolo passato gli americani hanno trovato molti modi per rimuovere le scomodità della vita e divenire più “civilizzati”, e adesso possiamo avere cose come aria condizionata, materassi da 3000$, sedie pieghevoli da 1500$. Ma da sempre, il pendolo oscillava nell’altra direzione per le persone che tornavano nelle montagne e foreste per dormire nello sporco, essere sudate, subire la pioggia, e magari passare una notte tremanti attendendo che arrivasse il sole. Nel mondo dell’avventura, vediamo un miliardo di esempi di questo tipo: climbers che vivono fuori delle macchine per mesi o anni, gente comune che passa sei mesi in cammino attraverso l’Appalacchian Trail o il PCT con zaini ultraleggeri, altri che passano tre settimane trainando attrezzatura e sedendo in una tenda nell’attesa di una finestra di buon tempo per un tentativo estivo. E tutti abbiamo questi momenti, noi stessi: se siamo in procinto di vomitare per lo sforzo di salire mille piedi su una bicicletta, o su un paio di ramponi o un paio di scarpe da corsa, o veniamo colpiti in faccia da neve sparata dal vento a 40 miglia orarie, o andando fuori di testa all’idea di cadere per dell’attrezzatura non così ottima. Non stiamo facendo questo per ottenere gli addominali scolpiti o un autoscatto – dobbiamo pensare che ci sia dell’altro. Cory Richards parla di questo nel suo film A Tribute To Discomfort, in cui descrive alcuni dei momenti più scomodi della sua carriera da fotografo, inclusa la valanga che quasi lo seppellì a Gasherbrum nel 2011. Art Davidson ha intitolato il suo libro sulla prima ascesa invernale del Denali nel 1967 “Minus 148 Degrees”, per le basse temperature che il gruppo affrontò in quella che divenne una lotta per la sopravvivenza, e anni dopo dichiarò in una intervista “non è solo per la montagna in inverno, ma anche per l’avere un sogno; è per l’iniziare una grande sfida e poi combattere più forte che puoi per raggiungere il tuo obbiettivo – o per sopravvivere”. Durante i miei anni in età adulta, imparando dalle persone nella comunità dell’avventura, ho provato a fare della scomodità (o insicurezza) una scelta ogni volta che ho potuto, vedendo che funzionava per molte persone che conosco, quindi forse poteva funzionare per me. Quando ho iniziato a scrivere il mio libro, ho pensato ad un milione di frasi iniziali, ma fu una che pensai fosse la più vera: ”non so se sono l’unico che pensa che quando ti incammini cercando la grande domanda della vita, devi essere il più scomodo possibile quando lo fai. Molte persone furono catturate dalla citazione di Kelly McGonigal’s in quel TED Talk. Fornisce alcune giustificazioni scientifiche alle scelte scomode che facciamo nella vita, dal crescere dei bambini (che tutti i genitori ti diranno non essere un picnic, ma incredibilmente significativo), al licenziarci dal nostro lavoro per un altro incerto, allo scalare le montagne. Abbandonare la via dei propri sogni qualche volta fa un po’ spavento. Successivamente, durante una grande intervista con The Belong Project. McGonigal aggiunse: “Evitare la scomodità è la strategia peggiore perché richiede di scegliere la scomodità. Per esempio, se scegli di evitare le situazioni che ti rendono ansioso, stai scegliendo l’ansia, e rafforzando la capacità dell’ansia di controllarti. Se scegli di evitare le opportunità che innescano l’insicurezza, stai scegliendo l’insicurezza e convincendoti che l’insicurezza è giusta… vuoi sentirti in ansia mentre eviti le cose che hanno un senso, o vuoi sentirti in ansia quando le fai?”

Brendan

Simone Puddu

Fonte: semi-rad.com

Forse la scomodità non è un male dopo tutto, e nemmeno l’insicurezza, se giustificate. L’insicurezza ci rende meno sicuri di noi stessi, la comodità non ci spinge a migliorarci, il nostro non raggiungere obbiettivi difficili e desiderati induce allo sconforto. Nello sport e nell’outdoor si insegue tutto questo, perché la crescita è anche continua sfida con sé stessi, per divenire migliori del giorno prima, e si può crescere finchè si vive.

Cosa pensi dell’articolo di Brendan e dello stress negli sport e nell’outdoor?

E tu, cosa ne pensi?

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