
Fonte:www.danielenardi.org
Qualche giorno fa la spedizione di Daniele Nardi, Nanga Parbat Winter Expedition 2013, ha avuto uno spiacevole imprevisto nel campo base. Durante la notte si è alzato un forte vento, le cui raffiche al mattino sono aumentate di intensità. Il gruppo si aspettava che sarebbe successo, e doveva fissare meglio il campo appena finita la colazione. Pareva esserci il tempo, ma dopo un momento di relax tutti assieme – per la colazione, prosciutto di Bassiano: che fai, te ne privi solo perchè sei a -20°? – è successo l’imprevisto che ha fatto temere a tutti il peggio per la spedizione. Preoccupati dell’ancoraggio della tenda mensa, il gruppo non ha badato un momento di troppo alla Ferrino Colle Sud…
Sento un urlo da fuori “Le tent, le tent …” non sappiamo più in che lingua parlare, Francese, Italiano, Pakistano …Inglese. Due balzi e sono di fronte a Federico ma la nostra Colle sud non c’era più. Cinque secondi di incredulità, salto nella neve verso la valle che scende verso il ghiacciaio. Un metro di neve mi fa inciampare e cado senza guanti di faccia nella neve.[…]il mio Mac insieme al modem erano nella Colle sud, insieme, dentro il mio sacco a pelo. Ma dentro la colle sud c’era anche l’altro computer, tutte le video camere, le macchine fotografiche le batterie, la mia tuta in piuma, tutti i miei guanti ed anche tutta l’altra attrezzatura di Elisabeth e Federico.
Ed ora la Colle sud sta prendendo il largo verso il ghiacciaio. La vedo rotolare, intera per intera sopra la neve. Io invece sprofondo in un metro di neve cercando invano di conquistare metri verso la tenda. Le mani sono fredde, la neve entra tra lo scarpone ed i calzini. Non sento più le punte dei piedi.
La tenda si ferma, nuoto nella neve ed agguanto la Colle sud alta 2 m per un diametro di circa 4 m. Un flash, il fornello dentro la tenda era acceso. Era acceso perché fa freddo e doveva scaldare l’ambiente. Ma adesso la tenda rotola e con lei anche il fornello acceso. Merda. Abbiamo finito ancor prima di cominciare.
Arriva Ali dietro le mie spalle, la tenda è sotto sopra e non riesco a trovare la porta di ingresso. “Ali take here, the stoves is open” sento puzza di bruciato, nel vero senso della parola. Trovo la porta, cerco di aprire la cerniera con le dita gelate, riesco alla fine ma la porta è a un metro da terra e al contrario. Non sono un gigante, alla fine mi tuffo a pesce nella tenda. La prima cosa che vedo sono fiamme. Fiamme sul saccopelo di Federico, fiamme sulla mia giacca in piuma e su un materassino. Sposto una borsa ma non mi accorgo che anche lei era bruciata. Della plastica nera si appiccica alla mia mano, dopo qualche secondo sento un male truce e puzza di carne bruciata. Riesco a prendere il fornello e a spegnerlo. Poi copro tutto con la borsa e soffoco le fiamme.fonte:www.danielenardi.org
Alla fine sono riusciti a recuperare la Ferrino Colle sud e a riposozionarla al suo posto, Daniele ha riscontrato che la tenda è stata sbalzata via perchè erano stati fissati i picchetti ben ancorati agli agganci sbagliati e non alle fettucce più solide, dove sarebbero dovuti essere. Il risultato è che quegli agganci secondari non hanno resistito alla pressione del vento – e non avevano nessun modo di farlo, agganciata in quel modo nessuna tenda avrebbe resistito, bisogna tenere conto che la Ferrino Colle Sud è alta 2 metri per un diametro di quasi quattro, e la stessa raffica che l’ha strappata dagli ormeggi ha sollevato Federico Santini da terra di mezzo metro – e una parte dell’attrezzatura, per fortuna tutta sostituibile e secondaria, è andata rovinata. Per fortuna, le attrezzature informatiche e fotografiche paiono essersi salvate. La mano di Daniele è ferita, ma pare non sia grave e non lo fermerà.
Se da un lato l’evento è stato uno spavento, dall’altro ha insegnato qualcosa a tutti, e non solo agli altri a fissare meglio le tende e a Daniele a controllare:
Per la miseria mi sono affacciato e non ho più viso la tenda, ho pensato spedizione finita mentre continuava a rotolare verso il ghiacciaio.
Tuttavia mentre ne venivamo a capo ho visto una gran squadra!
In contesti come quelli, il lavoro di squadra ha un valore inestimabile, la fiducia reciproca dà forza per scalare qualunque montagna e affrontare mille imprevisti.
Risistemato tutto, fissato meglio ogni tenda – con tanto di viti da ghiaccio della Grivel – e ripresi dallo shock, la missione ha ripreso il suo percorso più forte che mai. Il 14 mattina Danile ed Elisabeth sono partiti per tre giorni di acclimatazione sul vicino Ganalo Peak, una vetta secondaria del Nanga Parbat alta 6608 metri che pare non sia mai stata scalata in inverno. Il primo campo è previsto a 5400 metri per la notte tra il 14 e il 15 gennaio, il secondo a 6200 metri per la notte tra il 15 e il 16 gennaio, il giorno dopo poi dovrebbero raggiungere la vetta e riscendere al campo base.
Questa scalata “secondaria” serve agli atleti a testare il proprio fisico e preparlo al freddo e agli sforzi del Nanga Parbat. Il fattore mentale, ricordiamolo, non è mai secondario per gli atleti, specie in prestazioni al limite e di endurance come questa – non che Daniele non sia pronto mentalmente, la carica che riesce a trasmettere quando parla delle sue spedizioni e della montagna è energia pura, lo posso assicurare.
Fatta questa “missione preparatoria”, Daniele ed Elisabeth si riposeranno al campo base per due giorni, dopo i quali potrebbero essere già pronti a scalare la Grande Montagna.

Fonte:www.danielenardi.org